Dal 1300 al 1800 a Bologna: fede popolare e… prime start-up
Oggi facciamo un viaggio nel passato, toccando storia e cultura della nostra città… siete pronti?? Partiamo dal 1300: proprio intorno all’anno 1320, a Bologna comincia la costruzione delle mura, le ultime realizzate, sul cui percorso nacquero in seguito i viali di “circonvallazione”. L’opera ebbe termine circa 50 anni dopo.
In realtà esisteva una cinta muraria precedente, realizzata a cavallo dell’anno 1000, ma per vari motivi la città si andava popolando sempre più, e le nuove costruzioni, per mancanza di spazio, erano stati costruite all’esterno delle prime mura.
Tra le cause della massiccia urbanizzazione la realizzazione del canale di Savena e quello di Reno, che avevano visto la luce nel primo secolo dopo il mille ed erano state delle vere e proprie start-up: assieme all’Università e all’introduzione della lavorazione della seta, avevano contribuito all’arrivo di tante genti dalla campagna. Specie dopo il 1115, anno della morte di Matilde di Canossa, che di fatto era stata reggente, per conto dell’imperatore, di quasi tutta Italia del nord. Altro fatto importante, accaduto intorno al 1150, il recupero e la riesumazione dei resti di S. Petronio e quindi la ‘corsa’ per la costruzione della chiesa più grande del mondo.
Ma anche un’altra rivoluzione sottaciuta, l’introduzione del cavallo da tiro, che velocizzava i lavori nei campi ma provocava anche disoccupazione nelle campagne: molti lavoratori agricoli erano stati così costretti a spostarsi verso la città.
Oltre agli animali, l’energia per i lavori la forniva anche l’acqua che correva nelle tubazioni, realizzate per chi se lo poteva permettere: così si alimentavano i mulini, i telai da seta, gli utensili da fabbro, da concia ecc. ecc.
La maggior parte dei poveri (talmente poveri, a volte anche schiavi), disposti a qualsiasi lavoro, abitavano dunque fuori dalle mura dell’anno mille, quelle dalle 18 porte, che erano definite “torresotti”perché tutte sormontate da una torre.
Quando finalmente si decise di costruire una cerchia di mura più ampia per comprendere anche gli insediamenti esterni, era già successo un altro importante evento in città, una città che all’epoca contava circa 25.000 abitanti. Infatti, nell’anno 1256, ben 6.000 schiavi di quasi 400 famiglie nobili ottennero la libertà grazie al Comune, che in questo modo riuscì ad accrescere di nuovi contribuenti le file dei tassati ed ottenne molti militari in più.
Il provvedimento venne poi recepito in atto notarile l’anno seguente, con un documento che iniziava con la parola ‘Paradisum’, e per questo fu poi sempre definito ‘Liber Paradisus‘ (la via dove sorge la sede attuale del Comune di Bologna si chiama appunto così, ndr).
Nel 1330 Bertrando del Poggetto (Bertrand du Puy) cominciò a erigere la rocca di Galliera, insieme alle mura; la rocca verrà poi riedificata ben cinque volte, a causa dei danni provocatele dai bolognesi.
Dove abitavano in quell’epoca i più poveri? Specialmente nelle strade che finivano contro le nuove mura, dove non andava certo la milizia cittadina, già impegnata nella sorveglianza dei nuovi e più lunghi camminamenti, oltre che delle vecchie mura e delle porte (quelle nuove, come le vecchie). Infatti la sera si chiudevano entrambe, apposta per tenervi confinati i neo-cittadini.
Diversi di questi lavoravano alla lavorazione della seta, con le bambine a raccogliere i sottilissimi fili nell’acqua bollente, le bave di bruco nel loro bozzolo; i maschi invece, in pochi turni nell’arco delle ventiquattr’ore, nei grandiosi mulini, per sostituire al volo i rocchetti, appena riempiti di questi filamenti.
Un altro evento importante riguarda Palazzo Bentivoglio, iniziato nel 1460 da Sante: nel 1506 Giovanni II scappò dall’attacco dei francesi e del Papa che volevano recuperare il potere in diverse città, i bolognesi ne approfittarono per demolire il palazzo, creando il cosiddetto “Guasto”.
L’arcivescovo decise che un responsabile di ciascuna strada “dovesse essere un abitante eletto dagli altri suoi vicini, riuniti in confraternita e dovesse essere anche responsabile della immagine mariana”. Infatti ogni strada, che doveva chiamarsi “borgo” ed essere intitolata ad un santo, probabilmente ad un apostolo (vedi via Borgo di S. Pietro e via del Borgo di S. Giacomo, le ultime rimaste), finiva contro le mura: a ridosso di queste, sotto gli archi dei camminamenti delle guardie, il responsabile eletto, doveva trovare modo di installare un’immagine, poi realizzare una cappellina, per fare in modo che si creasse “un passeggio santo”.
Com’erano le strade, in generale? Per forza di cose trafficate, all’epoca non esistevano i sensi unici! Quelle che portavano alle porte, affollate di genti e carri in movimento; quelle che finivano contro le mura, molto più spesso, ingombre di materiali.
La vicinanza dava sicurezza contro i pericoli provenienti dall’esterno della città, ma costituiva un’oscura minaccia, per via delle ondate di peste. Prendo a prestito qualche riga di Patrick Suskind da “Profumo”, che ritrae la Parigi dell’800: da noi non doveva essere molto diverso, anche se si parla di qualche secolo prima, proprio perché lo spazio era più ridotto ma la popolazione comunque fitta.
“Al tempo di cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni.
Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di urina, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone; le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell’umido dei piumini e dell’odore pungente e dolciastro dei vasi da notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo di solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati; dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali.
Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano le chiese, c’era puzzo sotto i ponti e nei palazzi.
Il contadino puzzava come il prete, l’apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d’estate sia d’inverno.
Infatti fino al XVIII secolo, non era stato ancora posto un freno all’azione disgregante dei batteri e così non v’era attività umana, sia costruttiva sia distruttiva, o manifestazione di vita in ascesa o in declino, che non fosse accompagnata dal puzzo.”
Dopo l’impulso dell’arcivescovo, in ogni strada si diede dunque avvio ad una diversa confraternita, comunque rivolta al culto mariano: infatti tutte le cappelle realizzate vedevano Maria protagonista.
All’inizio erano solo delle immagini votive, attaccate alle mura, sotto ad un arco del camminamento delle guardie, poi i dettami e la fede popolare, fecero il resto. Prima delle piccole cappelline, poi chiesette, poi vere chiese, con anche oratori; a volte con altre opere sociali, come ospedali e ospizi.
Ma come apparivano le mura del 1300, viste da fuori? Le mura erano all’interno degli attuali viali; appena fuori dalle mura, vi erano alcuni metri di fondo in terra battuta e poi un ampio fossato, profondo e dalle ripide pareti; sul fondo, un buon paio di metri d’acqua.
Nel 1798 entrano in vigore le leggi francesi sui beni ecclesiastici, che ne imponevano il sequestro e la vendita: il ricavato doveva finire alla cassa del Comune.
Nel corso dell’800 si decise di ‘liberare’ la città dalla costrizione delle mura, così, pezzo per pezzo furono in gran parte demolite ma – un’ultima curiosità – la maggior parte del lavoro non fu la demolizione delle mura, ma il riempimento dell’ampio e profondo fossato.
Per visitarle ai nostri giorni è particolarmente comodo è l’utilizzo della bici, percorrendo la ‘tangenziale delle biciclette’, di recente realizzazione: puoi seguire ad esempio questo itinerario ‘storicizzato’, che tocca le 12 chiese mariane del periodo.
ITINERARIO DELLE 12 CHIESE
La prima tappa è arrivare al Baraccano, da piazza Maggiore lungo via S. Stefano, e presso l’ampio voltone salire le scale da via S. Stefano.
1) Santa Maria del Baraccano . Cosa significa “baraccano” ? Il torresotto di rinforzo alle mura ha delle fondamenta ma a punta, rivolte verso l’esterno, che ricordano un po’ la “barba” dei cani, da qui la parola barbacane e poi baraccano.
Alla fine del XIV secolo, fu dipinta una Madonna attribuita a Lippo di Dalmasio, intorno a cui fu costruita una piccola cappella, poi ampliata dalla famiglia Bentivoglio. L’affresco fu ridipinto nel 1472 dal pittore F. del Cossa. Al termine del XV secolo la chiesa, cui era annesso il Conservatorio delle Putte, era una delle più ricche e fiorenti della città. Nel 1682 fu realizzata la cupola da A. Barelli.
Lasciamo il Baraccano ritornando in via S. Stefano; a destra di piazza di porta S. Stefano attraversiamo il viale, entrando nei Giardini Margherita ci teniamo sulla nostra destra. Guardando da qui il Baraccano si può apprezzare quanto fosse largo il fossato, ossia entrambe le corsie dei viali. Prendiamo il vialetto interno ai giardini, avviandoci verso porta Castiglione. Attraversiamo il primo viale, giriamo a sinistra e arriviamo a porta S. Mamolo; attraverso il viale interno, a destra di via di Mura S. Mamolo fino in fondo, dove si trova la lapide.
2) Chiesa di S. Maria delle Febbri, detta anche Madonna di Miramonte, il cui importante dipinto è conservato in S. Domenico, demolita, rimane la lapide in via Miramonte. E se volete saperne la storia, andate e leggete!
Dato che la prossima, in via della Libertà, è tutta impacchettata, ve la racconto qui, senza poi fermarsi nella via dove non c’è neanche l’attraversamento. Nel breve tragitto da percorrere per arrivare ai viali, si può pensare a quando, le vie sovraffollate, potessero essere un ottimo ‘incubatore’ per febbri e malattie…
Scendiamo le scale, a sinistra in via del Falcone, a sinistra in via Paglietta; ritorniamo al semaforo della porta, tramite il benzinaio. Ora si può tornare ad imboccare la ‘tangenziale delle biciclette’ e, al semaforo di Porta Saragozza, attraversare per andare nel giardino dove era la chiesa e 4 e dove vi racconterò la numero 3.
3) Chiesa di S. Maria della Libertà, perché dal 1633 vi si custodiva la Madonna della Libertà, definita così perché il dipinto proveniva dalla casa del gonfaloniere di giustizia, adesso in S. Antonio di Padova. Anche questa era costruita a ridosso di un baraccano, lo si può rivedere nel muro della porta dell’edificio. Come in tanti altri casi, nel 1798 fu soppressa la confraternita e la chiesa fu acquistata da un privato, il conte Caparra; dal 1898 fu definitivamente trasformata in abitazione, Mura di porta d’Azeglio, in fondo a via della Libertà.
4) Chiesa S. Maria dell’Ispirazione, detta dei Sabatini, in quanto sorta nel 1705, a spese dei devoti della Vergine di S. Luca che si radunavano qui, per salire al colle della Guardia, il sabato mattina presto. Poi ampliata nel ’41 e ancora fra il ’57 e l’88, anche grazie alla famiglia Albergati che chiamò a questo compito il Dotti, ovvero il già celebre artista che creò il portico di S. Luca. Sciolta la confraternita, sempre nel 1798, rimase aperta al culto, grazie al conte Aldini, ministro di Napoleone; venne definitivamente abbattuta nel 1859. Era dove adesso si trovano i giardini di porta Saragozza; il dipinto fu trasferito nella prima cappella del portico di S. Luca. Qui vi racconto anche la numero 5.
5) Chiesa della Natività di S. Maria Vergine, del 1540, ad opera della relativa confraternita, era a circa metà fra porta Saragozza e porta S. Isaia. L’immagine, detta dello Stellario, perché la Madonna emana stelle, è conservata in Certosa. La chiesa fu venduta ai privati e poi demolita con le mura, per fare posto all’ospedale Roncati.
Dai giardini di Porta Saragozza per piazza di Porta Isaia, a destra in via S. Isaia, a sinistra in via M. Calari, (magari attraversando subito dopo la porta): ora guardando subito a sinistra, si scorgono gli archi delle mura, ritrovandoci per un momento davanti agli occhi quello che vedevano i primi fedeli che volevano porre un’immagine sulle mura e poi la prossima chiesa.
6) Chiesa di S. Maria della Pietà e S. Rocco del Pratello, del 1509. ampliata attorno al 1600, già nel 1614 fu realizzato l’oratorio, con la vita di S. Rocco, dipinta dal Guercino e la sua scuola. Soppressa la confraternita, fu usato come magazzino e camera mortuaria, recuperata e restaurata dopo il 1944, è in via Calari 4
Si prosegue per via Calari a sinistra verso i viali e poi fino alla Grada, fermandosi sotto al portico davanti alla chiesa.
7) Chiesa di S. Maria e S. Valentino della Grada. L’immagine arrivò nel 1576; durante la peste del 1630, la zona fu usata come sepoltura e la Madonna divenne “del cimitero”. La chiesa venne successivamente ampliata e rimase aperta fin al 1798, e poi venduta ad un privato. Nel 1934 diventò parrocchia, all’interno la reliquia del capo di S. Valentino. E’ in via Calari 8
Si ritorna indietro sulla p.c. fino alla tangenziale delle biciclette.
8) Chiesa di S. Maria delle Vergini e della SS. Trinità. Fondata nel XIV secolo, nel XVI la confraternita gestiva già il relativo ospedale, con annesso oratorio. Nel 1584 era stata recuperata un’immagine della Madonna con la scritta “Virgo Virginum”; poi fu ampliato il portico e ampliato l’ospedale, quindi unito con “gli ospedali cittadini della vita e della morte”, nel 1798. La chiesa fu chiusa nel 1808 e l’immagine trasferita in Certosa. Ora è ancora in restauro. E’ in via Dolfi 7.
Si prosegue in via Graziano a destra in via Calori pista ciclabile, destra pista ciclabile tangenziale delle biciclette, fino all’incrocio con via Don Minzoni, dove arrivare all’affaccio, qui si trovava la prossima chiesa, sopra il porto.
9) Chiesa del SS. Crocefisso del Porto Naviglio, detta della Madonna del Porto. Nel 1600 fu restaurato un crocefisso posto dove il canale usciva dalla città, nel 1632 si costituiva la confraternita, fece costruire una chiesa e vi collocò l’immagine della Madonna, nota come Avvocatessa dei defunti. Nel 1798 venduta a privati, l’immagine fu ceduta alla vicina chiesa dei SS. Filippo e Giacomo. La chiesa della Madonna del Porto fu demolita con le mura.
Adesso faremo un tratto significativo senza chiese, perché c’era la fortezza di Galliera o dei Papi. Si ritorna alla pista ciclabile facendo all’indietro la strada fatta per arrivare qui. Arrivati alla pista ciclabile in viale le Masini, si arriva a porta Mascarella, si entra per la pista, lasciando i viali.
10) Santuario della Beata Vergine del Soccorso, o del Borgo di S. Pietro. Al posto di un’antica porta cittadina, poi murata nel 1327, dove una statua della Madonna proteggeva l’ingresso nel Borgo di S. Pietro. Nel 1520 si costruisce una cappella per la statua, ritenuta miracolosa durante la peste e nacque la confraternita del Soccorso. Ampliata nel 1581 ad opera dell’architetto Tibaldi, distrutta nel ’44, ricostruita dall’ arch. Vignali: è in viale Masini 6.
Andare a Porta Mascarella, tramite la ciclabile di prima, fino allo spigolo di v.le Berti Pichat, continuare con la ciclabile sotto le mura, passata porta S. Donato attraversando corso Irnerio. A destra sulla tangenziale delle biciclette fino ad avere a destra via S. Giacomo, anzi via Borgo S. Giacomo, a sinistra la prossima.
11) Chiesa di S. Maria Incoronata. Del 1465, in corrispondenza di un’antica porta cittadina poi murata, nei pressi del Borgo di S. Giacomo. Tra XVI e XVII sec. vi erano due cappelle e due oratori in più dell’esistente, nell’oratorio piccolo era conservata la pala dell’Incoronazione della Vergine, di Simone dei Crocefissi. La chiesa rimase aperta nonostante fosse venduta a privati e fosse soppressa la confraternita, attualmente compresa nell’edificio opera pia Zoni.
Continuare in via S. Giacomo; a destra via Zamboni, destra pista ciclabile, ossia la tangenziale delle biciclette, fino a via Dante, destra sulla pista ciclabile e a destra in piazza Carducci.
12) Chiesa di S. Maria della Pietà, detta del Piombo. Del 1503 è il ritrovamento di un bassorilievo in piombo, raffigurante una pietà, da qui via del Piombo; si realizzò una piccola chiesa grazie alle donazioni dei fedeli, poi distrutta da un incendio nel 1712. Ricostruita con più semplice architettura, fu poi arricchita di un oratorio affrescato e quindi venduta ai privati nel 1798.
Poi trasformata in abitazione ed abitata, dal 1890 al 1907, da Carducci; oggi sede del museo e biblioteca del poeta e del museo del Risorgimento, è in piazza Carducci 5.
Si ritorna sulla tangenziale delle bici, e il giro completo termina a piazza di Porta S. Stefano.
Spero vi sia piaciuto, e… alla prossima pedalata !
9 ottobre 2015 alle 08:56
MESSAGGIO IN CODICE per gli aficionados di POSTFIERA.org: era ora! Dopo mesi – e forse anni – di oblio, ritorna nella sua veste migliore il nostro storico: il Professor Alberelli
9 ottobre 2015 alle 09:36
Lory
9 ottobre 2015 alle 20:52
Grazie ! Troppo buoni ! Spero sia una buona lettura, foriera di buone pedalate !